Letture proposte 2008 | Lo spostamento degli oggetti | |
Lo spostamento degli oggetti |
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© la pubblicazione nel sito apuntozeta per gentile concessione dell´editore ; è vietata ogni riproduzione presentazione di Flavio Ermini La scrittura di Alessandro De Francesco è un ´ alleanza sempre nuova di parole sorrette da famiglie di frasi. Ogni parola si configura come una tenuissima curva in collisione con il cielo e fa pensare a un ventre generante. La scrittura di De Francesco si dà alla luce da sè. Da sè parla. Si affida unicamente al proprio intelletto, alle proprie possibilità cognitive. Si pensa alla conversione del seme nell´erezione della pianta e alla curva dei suoi rami quando si piegano verso la terra, secondo le logiche del divenire. L´idea delle cose che passano-che sostano un momento e poi se ne vanno-è racchiusa qui, in queste morbide parti. De Francesco immagina che su tale scena possa accadere in qualsiasi istante un prodigio e che le frasi-i piani regolari che sorreggono le parole-vengano per un istante destituite dalla loro funzionalità. Sembra che tutto sia stato preparato per accogliere questo evento, lasciando che l´impronta di qualcosa di perduto, rimasta nel profondo dell´essere, si rianimi. La scrittura di De Francesco corrisponde al breve settore di un cerchio immenso. E anche se quel settore è quasi rettilineo, noi lo avvertiamo-in quanto appartenente a un cerchio curvo e mosso da un respiro. Nell´avvicinarci a quel ventre generante ci avviciniamo a noi stessi. Lo scenario, da tranquillo come poteva sembrare, libera un suono doloroso. E qui, dove nessun grido frantuma l´aria, tutto si apre in un grido «in lingua straniera pronunciato nel sonno». Tutto annuncia la presenza dell´uomo, la sua fatica, la sua persistenza, il suo interminabile pazientare. Qui dove non si ode scorrere alcuna parola , parole concitate stringono da ogni parte le cose. Portando in giro frammenti di storie che non hanno mai conosciuto documentazione. E poi tutto si riordina, trova la sua antica compostezza. Il tempo riprende a rovesciare la terra, a far ruotare il cielo, a svuotare le case e a riempirle di nuovo con altre voci: «così le cose della casa quando tutti sono usciti / permangono nella luce obliqua ». Riconosciamo in questa scrittura nuclei di energie pronte a far esplodere nuove costellazioni; un´intesa di coscienze oppure la pressione di unabfreccia «ai lati dello schermo» di un cosmo virtuale, che può essere "ri-avviato" in qualsiasi momento. E poi una pianura di frantumi e di polvere. E infine l´affioramento di valori oscuri accolti dalla scrittura su questa immensa curva: «sta ferma non dice e non vuole niente si limita / forse ad osservare ma senza occhi». L´urgenza di salvaguardare le parti indenni di alcune cose è palese «in questi spazi minimi dove si trova il gesto / che fa crollare il vuoto quotidiano». Su un versante e sull´altro di questa immensa circonferenza corre lo stesso respiro, portato avanti fra larghe pause e subitanee accensioni: passaggio da una parola dissipata a un´altra con incerte risorse. Ogni giuntura della parola poetica patisce la decisione di andare oltre. Ma il tempo, ci avverte De Francesco, non è un semplice trasalimento in un sonno: ci piega a portata della consuetudine per far deviare il filo annerito di un "esistenza senza identità": «la luce pomeridiana /filtra dalle tapparelle semichiuse / tra noi il sonno e la realtà / è una specie di resina / che incolla ma attutisce». La voce personale del poeta diventa voce corale: statuto indiretto di un impegno civile. Questa voce insondabile, né interpretante né interpretata, mostra la parte abissale che la abita. Il poeta entra nel capitolo della «manifestazione» e mette sotto le unghie del vento il proprio corpo, ormai privato di qualsiasi protezione. E si smembra: diventa l´altro. E anche un altro: «anche noi vogliamo essere / dove il movimento della centrale eolica / proietta sulla distesa la linea del sole». In questo suo divorare e divorarsi, «incastonato accanto al disco rigido», il tempo che viviamo reclama che l´antico monte dell´esperienza venga inciso da una parola purificante.
Alessandro De Francesco (Pisa 29 Settembre 1981) si è laureato in Filosofia all´Università di Pisa, ha compiuto studi letterari e musicali a Parigi e a Berlino ed è attualmente dottorando in Letterature comparate presso l´Università dì Siena e l´Ecole Normale Supèrieure di Lione, dove tiene inoltre un corso di Poesia italiana contemporanea. È presente con testi poetici, articoli e traduzioni di poesia in varie opere collettive, antologie e riviste, tra cui Anterem, Atelier, Caffè Michelangiolo, Carte nel Vento, Création Critique, Écritures, Tellusfolio, Testo e Senso, Tratti. Collabora assiduamente con poeti francesi , tedeschi e italiani. È stato finalista al Premio di Poesia Lorenzo Montano 2006 ed è stato selezionato per i programmi Nodo Sottile 5 e Ricerca BO 2007. È regolarmente invitato in Italia, Francia, Germania, Estonia, Olanda e Stati Uniti per conferenze, letture di poesia, installazioni e performances di poesia elettronica. |